Next Web Project Manager
In questa pagina ho radunato tutti gli articoli relativi alla serie che avevo chiamato “next Web Project Manager” in cui ti racconto la mia esperienza al corso corso in preparazione all’esame federale in web project manager della DigitalStrategies Academy.
Tutti i contenuti sono stati da me creati e le opinioni qui espresse sono da considerarsi a carattere personale.
Il mio ritorno a scuola
Non è un segreto: ho aperto un blog perché desideravo comprendere più a fondo le dinamiche che ruotano intorno ai progetti digitali e al digital marketing. Questa esperienza ha ben presto mostrato il propri limiti, come il fatto di doversi affidare a tutorial online per fare ogni cosa senza un percorso strutturato (e realizzare poi quanto necessario per il ciclo prove-errori) e l’assenza di certificazione delle competenze. In questo anno ho imparato tantissimo e so che le basi “grezze” ci sono, ma quello che ho appreso è stato applicato in forma amatoriale ad un hobby.
Mi sono, inoltre, reso conto che anche dal punto di vista professionale presentavo delle lacune: grazie al mio lavoro ho effettivamente imparato a gestione i progetti (ogni evento è, di base, un progetto) ma tutto quello che so deriva dalla mia esperienza personale, senza alcuna base teorica a cui appoggiarmi. La teoria è, infatti, spesso utile per poter comprendere i meccanismi su cui si fondano certe procedure. E da questo punto di vista ero carente.
Ho quindi cercato una formazione, possibilmente in Ticino, che potesse fare al caso mio e che mi permettesse di coniugare queste mie volontà, ovvero avere delle solide basi in Project Management e, parallelamente, di acquisire conoscenze più ampie riguardo al mondo digitale. La mia scelta è caduta sul corso in preparazione all’esame federale in web project manager della DigitalStrategies Academy, in quanto loro proposta si allinea con le mie aspettative, ovvero imparare a gestire in maniera professionale qualsiasi progetto digitale e (bonus non da poco) la possibilità di svolgere un esame federale professionale (EPS) che mi consentirà di avere una certificazione riconosciuta.
Condividere la mia esperienza
Subito dopo aver inviato l’iscrizione ho pensato di condividere questo mio percorso, con l’obiettivo di costruire un diario personale a futura memoria. Scrivendo il post mi sono reso conto che in realtà questo diario potrebbe tornare utile anche a chi si appresta a intraprendere la mia stessa strada o a chi semplicemente desidera tornare sui banchi dopo tanti anni. Attraverso il mio blog, con una mini serie dal titolo “next web project manager”, vi racconterò questo mio anno scolastico nel mondo del web project management.
Ammetto che tornare sui banchi dopo 13 anni di assenza, ai quali si aggiungono gli impegni familiari e lavorativi, non è una cosa semplice né scontata. Richiede molta motivazione e altrettanto impegno ma, come per tutto ciò che si fa con entusiasmo, alla fine sono sicuro che ne sarà valsa la pena.
Adesso non ti resta che iniziare a leggere! Buon viaggio 🙂
Modulo 1 – Project Management
Il primo modulo affrontato è quello dedicato al Project Management , che costituisce la base di quella che sarà la nostra futura professione e che ci ha coinvolto per quasi un mese, durante il quale abbiamo affrontato i due modelli principali in uso:
- il modello classico standardizzato dal Project Management Institute e codificato nel PMBOK;
- il modello Agile, nato all’inizio degli anni 2000 e fondato su principi del “Manifesto Agile”.
Il metodo classico: le fondamenta del Project Management
Per iniziare abbiamo affrontato il metodo classico (o a cascata) e qui le nozioni teoriche sono davvero tante: ci sono ben 9 aree di competenza per un totale di 49 processi da capire e interiorizzare. Diciamo che abbiamo avuto anche una difficoltà aggiuntiva, ovvero che le lezioni si svolgono online. (Ci tengo a precisare che la modalità di svolgimento è dettata dalle disposizioni in vigore a causa del Coronavirus e non per scelta della scuola.) Per fortuna le sessioni sono state strutturate con un taglio prettamente pratico e grazie ad esempi concreti e alla totale disponibilità del docente a rispondere a tutte le nostre domande in diretta, la mole di nozioni (comunque cospicua) è risultata di facile comprensione. Questo però non significa che sia una passeggiata, anzi, per chi non ha a che fare quotidianamente con il project management (come nel mio caso) è necessario riprendere e riguardare successivamente quanto spiegato per capire bene il loro funzionamento e i vari legami.
Personalmente, del metodo classico ho apprezzato la strutturazione e il flusso di lavoro chiaro e preciso, a fronte di svantaggi per quanto riguarda la rigidità del sistema e l’impressione che il cliente sia un po’ dimenticato. Volendo fare una personale classifica, delle aree di competenza affrontate quelle che mi sono piaciute di più sono state l’area della Schedulazione (dove si pianificano le attività), l’area del controllo dei Costi e l’area che riguarda la gestione Stakeholder (ovvero la gestione dei portatori di interesse).
Al di là di queste preferenze, questo modulo mi ha aiutato a capire come si gestisce un progetto dalla A alla Z. Fino ad oggi, avevo preso solo in considerazione tre delle nove aree di competenza, ovvero mantenere un buon rapporto tra il Cliente, i Servizi e l’Autorità (Stakeholder), coordinare i Servizi (Integrazione) e pianificare il mio lavoro (Schedulazione).
Grazie a questo primo modulo ho inoltre appreso:
- a definire l’ambito, ovvero gli obiettivi ed i paletti del progetto;
- che è necessario eseguire un controllo sui lavori svolti (controllo qualità);
- che ci sono dei rischi e che bisogna cercare di anticiparli e trovare una soluzione così da essere preparati (e non affrontarli quando accadono);
- ad allocare le risorse (soprattutto umane) perché giocano un ruolo fondamentale.
In aggiunta, ho affinato anche le tecniche nelle parti che già conoscevo: per esempio ora so che gli stakeholder non sono solo i clienti o che una pianificazione deve essere fatta ragionando sui compiti effettivi e non su ipotesi o sul “vedremo poi”.
In sostanza, dopo questo ciclo di lezioni posso dire di avere una solida base di come curare un progetto in maniera professionale, secondo il metodo classico.
Il metodo Agile: il fattore umano al centro
Terminato il metodo classico, siamo passati al metodo Agile che ha, in parte, stravolto le nozioni fin qui acquisite. Personalmente l’ho percepito più nelle mie corde, perché Agile mette al centro il valore umano (sia del cliente, sia del team di lavoro) nonostante introduca un alto grado di incertezza in quanto i cambiamenti sono sempre ben accettati.
All’interno del metodo Agile abbiamo anche parlato del framework SCRUM , scoprendo anche un interessante collegamento con il Bullet Journal: l’ideatore del metodo Bullet Journal ha, infatti, riportato concetti come sprint, riflessione e retrospettiva nella vita quotidiana.
Sicuramente non stupisce il fatto che, tra tutti i metodi visti, questo sia quello che preferisco in assoluto e in cui mi riconosco di più, tanto che in futuro potrei prendere in considerazione una certificazione specifica.
Quello che ho apprezzato di questo approccio è la flessibilità nella definizione degli obiettivi abbinata ad un certo grado di rigidità nell’esecuzione. Per intenderci è come un cacciatore che cerca la preda e, quando la trova, spara preciso e mirato, senza esitazioni. In Agile è lo stesso: si può essere fluidi e aperti al cambiamento, ma quando si parte con uno sprint, si deve portare a casa il risultato.
La parte pratica: le dinamiche di gruppo online
Fino a qui ho parlato della parte teorica, ma in realtà il corso contiene anche una parte pratica, la quale deve essere svolta in gruppo. Qui, più che nella parte delle lezioni, vengono a galla i limiti delle sessioni online, perché quando si tratta di lavorare in gruppo il flusso della collaborazione ne risulta rallentato: non è possibile svolgere lavori in parallelo (p.es. suddividersi il lavoro a coppie) si è costretti a parlare uno alla volta, per cui se uno è particolarmente prolisso (come chi vi scrive) si finisce col perdere tanto tempo.
Non solo, vi è anche una maggiore difficoltà nel far uscire le proprie peculiarità e relazionarsi in maniera non verbale. Solitamente quando si entra in un nuovo gruppo, risulta in breve tempo abbastanza evidente chi è il leader ed il contro-leader, chi è da mediatore, chi il più operativo e chi se ne sta in disparte. Con l’online queste dinamiche sono di più difficile definizione perché tutto passa quasi esclusivamente dalla comunicazione verbale.
Tuttavia, credo che questa difficoltà alla fine ci abbia aiutato ad affinare altre qualità, come la capacità di ascolto e di comprensione, ma anche imparare a comunicare di più e a non dare nulla per scontato. Questo mi conforta perché so che se durante il percorso ci saranno degli screzi (e ci saranno!) abbiamo posto delle solide basi.
Modulo 2 – Leadership & Management
Manager vs. Leader
Cosa vuol dire essere un bravo manager?
Come si fa ad essere un buon leader?
Nel suo libro “Partire dal perché”, Simon Sinek afferma che una persona può essere una o l’altra e non insieme.
Questo perché un leader ispira, ovvero ci fornisce uno scopo e un obiettivo, spesso mettendoci la faccia. Un manager, invece, ci dice come arrivare all’obiettivo e lavora dietro le quinte. Per farla breve: uno è la mente, l’altro il braccio.
Ci sono, infatti, delle persone naturalmente portate per essere dei manager, ovvero più esecutivi e che cercano sempre modi più efficaci per raggiungere obiettivi diversi. Non importa per quale scopo o credo, loro trovano la via. Io, personalmente, credo di essere una di queste persone. Non solo nel mio lavoro quale coordinatore di eventi, ma anche nel personale e il mio blog ne è un esempio.
Ci sono poi persone che, invece, sono dei leader naturali. Sanno ispirare e letteralmente guidare le persone, motivandole passo dopo passo. Non perdono mai la speranza, perché sono convinte non solo di fare la cosa giusta ma di fare la differenza.
Grazie agli esempi riportati nel libro, ho subito abbracciato questa teoria.
Fino ad ora.
Si, perché durante questo modulo ho capito che in realtà una persona può essere entrambe le cose. Come mi ha risposto l’insegnante a mia esplicita domanda: “Bisogna essere un bravo manager coì da evolversi in un buon leader”. Risposta che lì per lì non mi ha convinto, ma riflettendoci successivamente, devo ammettere che ha un suo senso.
Questo non significa però che tutti possiamo essere dei bravi manager e dei buoni leader.
Sviluppare doti di pianificazione, organizzazione e coordinamento oppure saper ispirare e motivare non è necessariamente da tutti. Però possiamo provarci. Nel nostro piccolo, possiamo imparare a fermarci a riflettere su come agirebbe una o l’altra figura in una determinata situazione. Così facendo iniziamo a prendere coscienza delle differenze tra i due pensieri.
Ma non solo! Essere un bravo Web Project Manager richiede entrambe le abilità: bisogna avere abbastanza polso per riuscire a gestire e completare i progetti ma allo stesso tempo riuscire a motivare le persone che ti hanno commissionato e che partecipano al progetto .
Presentazioni, queste sconosciute
Ma essere un bravo manager ed un buon leader non è sufficiente. Bisogna anche essere in grado di presentarsi e presentare. Questo argomento è stato trattato nella seconda parte del modulo 2.
Cosa vuol dire fare una presentazione efficace?
Quali sono le abilità di un public speaker?
Ammetto che nel mio lavoro non ho esigenza di fare delle presentazioni e la maggior parte di quelle a cui ho assistito erano di tipo scolastico con slide piene di informazioni raggruppate in punti elenco (i quali non sono mai meno di 10) e che nel 90% dei casi venivano lette dall’insegnante parola per parola (una noia mortale).
Ma, sorpresa, queste non sono vere presentazioni!
Quanto illustrato ha scardinato completamente le mie (scarse) conoscenze in fatto di presentazioni, perché in realtà quelle che chiamano presentazioni a scuola, non sono vere presentazioni. Come dicevo prima: una slide con 10 punti elenco cozza con la regola basilare di una slide = un concetto. Anche il fatto di leggere le slide non è corretto, perché il discorso si deve costruire dalle slide, le stesse dovrebbero indicarti la via e non definire la presentazione. Il confine qui è sottilissimo ed è un attimo oltrepassarlo.
Andando oltre, abbiamo anche visto le abilità che un oratore deve padroneggiare. Sembra facile, ma non lo è. Un uso sapiente delle immagini e delle parole (da abbinare in modo coerente) così come la struttura della presentazione, gli effetti, il tono di voce. Tutti elementi che contribuiscono a rendere una presentazione interessante o noiosa.
Dopo questo modulo, non sarò sicuramente in grado di fare una presentazione efficace (non come quelle di tedX, per esempio), anche perché ci vuole un bel po’ di pratica. Tuttavia, so di aver posato le basi per cercare di rendere più interessanti le mie presentazioni, così da essere un leader migliore in grado, un giorno, di ispirare gli altri.
Modulo 3 – Business Casing
Hai presente quando ritorni nella Città in cui sei cresciuto dopo un lungo viaggio? Alcuni luoghi sono ancora li, sia fisicamente che mentalmente, altri invece sono cambiati radicalmente e altri ancora vivono oramai solo nella tua memoria.
Ecco queste sono le mie sensazioni nell’affrontare il modulo 3.
Dopo la scuola dell’obbligo ho frequentato la Commercio (e da allora mi piace scherzare sul fatto che sia un contabile mancato) e anche all’università mi è rimasta la passione per l’economia aziendale: ho, infatti, seguito tutti i corsi su questo tema.
Niente di nuovo sotto il sole, penserai. E invece no, perché se le basi sono fondamentalmente quelle, l’approccio e le dinamiche sono cambiate.
Il Business Plan
Come non prendere in considerazione il cambio del modo di fare business? E non parlo solo della rivoluzione digitale che stiamo affrontando. Il mondo è oramai interconnesso e anche a livello di singola azienda è necessario che tutti gli elementi che la costituiscono lavorino uniti e coordinati. Non esistono più gli scompartimenti stagni: bisogna remare tutti nella stessa direzione.
Prendiamo l’esempio del Business Plan, con i suoi diversi elementi: analisi di mercato e del consumatore, strategia aziendale, piani di marketing e piani finanziari. Tutti punti interconnessi, impossibile che ognuno vada per la sua strada:
- È necessario che la strategia sia implementata secondo il mercato di riferimento e sulla base delle esigenze dei consumatori;
- Il piano di marketing deve andare a pescare i consumatori “giusti” ma facendo attenzione ai concorrenti;
- Naturalmente, tutto quanto deve essere sostenibile finanziariamente.
Non è così semplice come sembra. Per fortuna che al giorno d’oggi ci sono diversi strumenti online che, sebbene non permettano di analizzare questi punti (l’AI non è ancora arrivata a tanto), per lo meno agevola il puro lavoro di redazione e consente di mettere insieme tutti gli elementi per avere un documento presentabile e su cui lavorare.
Due strumenti fondamentali: Business Model Canvas e Value Proposition Canvas
Ma il Business Plan è solo il punto finale, giusto prima di spiccare il volo. Come dicevo, prima è necessario fare un grande e minuzioso lavoro di analisi dei singoli elementi.
Non è però molto pratico partire con le analisi senza avere un quadro generale né sapere cosa si vuole offrire ai propri clienti.
Per questo, ho trovato particolarmente utili due strumenti: il Business Model Canvas e il Value Proposition Canvas.
Il Business Model Canvas ti permette di avere una visione generale d’insieme dell’azienda:
Personalmente, l’ho trovato molto interessante per valutare non solo eventuali buchi, ma per rendersi conto, almeno a prima vista, di cosa vi è bisogno per lanciarsi in un’attività imprenditoriale.
Non avendo una mia attività, ho provato a compilarlo partendo dal mio blog ed il risultato è stato molto interessante. Mi ha aiutato non solo a chiarire alcuni punti, ma ha messo in evidenza delle criticità che devo migliorare.
Il secondo strumento, il Value Proposition Canvas, esamina in dettaglio due elementi del business model: i segmenti di clientela ed il value proposition.
Se il primo canvas può essere riempito attraverso un’attività più analitica e con i dati alla mano, per il secondo è necessario un approccio più creativo: dapprima attraverso una prima fase di brainstorming, in cui si annotano tutte le idee, per poi procedere con una fase chiamata “fit”, dove si valutano le varie ipotesi e si cercano collegamenti tra tutti gli elementi. Alla fine saranno presi in considerazione solo gli aspetti che sono coerenti e consentono di costruire una proposta di valore sostenibile.
Questi tre strumenti sono fondamentali non solo per l’imprenditore ma anche per noi futuri Web Project Manager. Grazie ad essi, possiamo valutare se la soluzione che andiamo a proporre è coerente con l’idea imprenditoriale e l’offerta dell’azienda. Un progetto, soprattutto digitale, è infatti per sua natura portatore di trasformazione e tale innovazione deve poter dare un reale beneficio all’azienda.
Per esempio, pensiamo ad un aggiornamento di un sito web, da “statico- inizio anni 2000 ad uno più dinamico, con collegamenti social, un blog e magari un e-commerce (se vendiamo prodotti) o un calendario per fissare appuntamenti (nel caso di servizi).
Il Business Model Canvas ci permette di capire se gli elementi del nuovo sito sono coerenti e supportano il modello di Business, se si inseriscono e si integrano con tutti i riquadri (p.es. con struttura dei costi, con i partner e con le attività), mentre attraverso il Value Proposition Canvas si può analizzare nel dettaglio quali vantaggi e quali riduzioni delle difficoltà per i clienti otterremo.
Ma tutti questi modelli, seppur ottimi per avere una panoramica e capire come proporre la migliore soluzione, devono essere supportati da dati finanziari che confermino la validità del modello di business e la sostenibilità.
Product Management
A conclusione del ciclo di lezioni dedicate al Business Casing, abbiamo affrontato anche il tema del Product Management, ovvero la gestione del ciclo di vita di un prodotto: dall’ideazione fino alla produzione. Quando acquistiamo un oggetto o un servizio siamo, infatti, abituati a ragionare in termini di funzionalità. Per esempio, mi compro un paio di stivali per non bagnarmi i piedi, dato che la meteo dice che pioverà per una settimana. Stivali = piedi all’asciutto
In realtà chi ha ideato e prodotto gli stivali non si è limitato solo a questo ragionamento ma ha passato molti step prima:
- Inizialmente ha analizzato che vi fosse realmente un bisogno di non bagnarsi i piedi
(Alla gente da fastidio avere i piedi bagnati? Quanto sarebbe disposta a spendere per tenerli all’asciutto?) - Ha fatto delle ipotesi come fosse meglio tenere i piedi all’asciutto
(Quale materiale è più impermeabile? Come devo strutturare la scarpa: Bassa? Alta? Di che colore li produco?) - Poi ha sviluppato dei prototipi e dopo i primi test, probabilmente, ha aggiunto degli elementi
(Mettiamo un tacco? Li produciamo più ergonomici?) - In ultimo, li ha lanciati sul mercato e noi abbiamo potuto acquistarli.
Illustrata in questo modo sembra davvero semplice, ma immagina quando si parla di prodotti totalmente nuovi o estremamente complessi (pensiamo ad un iPhone) questo processo può durare addirittura anni.
Basi di Business in un corso di Project Management?
Ma un web project manager perché dovrebbe sapere come redigere un business plan? O come analizzare un’azienda con il Business Model o il Value Proposition Canvas? A cosa serve avere nozioni di Product Management?
Devo ammettere che alla fine del ciclo non ero molto in chiaro, ma poi, riflettendoci, ho capito che un bravo web project manager deve avere delle base di business. Sono necessarie per capire chi è`e quali obiettivi ha il nostro datore di lavoro o il nostro cliente. Solo così sarò in grado di cercare e proporre le migliori soluzioni, basate sulle specifiche necessità e obiettivi di business.
Per esempio, ha senso implementare un sito multilingua per una realtà locale? Oppure, se dall’analisi risulta che l’idea non è sostenibile, sono sicuro di accettare il lavoro/commessa?
Solo analizzando nel dettaglio il profilo del committente possiamo rispondere davvero a queste domande.
Modulo 4 – ICT / Information & Communication Technology
Tecnico.
Questa è la parola che per me riassume al meglio questo modulo 4.
Personalmente, è stata una bella sfida affrontare questo ciclo di lezioni dedicate al tema dell’ICT, dato che le mie conoscenze in questo ambito sono legate al puro uso che faccio dei vari dispositivi (PC, tablet e smartphone) e qualche accenno generale al funzionamento di un sito, grazie a questo blog.
La logica
Se alcuni termini mi erano chiari e le varie sigle, come HTTP, FTP, CSS, HTML, XML, JAVA, PHP, non mi erano del tutto estranee, mi mancavano sostanzialmente le basi per comprendere la logica. Per capirci, era come se avessi davanti tanti pezzi del puzzle: mi era chiaro quali erano le cornici e quali i prezzi centrali, ma non riuscivo a capire né come collegarli tra di loro né quale immagine dovesse uscire alla fine.
Per fortuna il percorso è stato strutturato molto bene, partendo dalle basi del mondo ICT con una panoramica dell’hardware necessario e su cosa sono bite, byte e megabyte, pixel e linguaggi.
In seguito abbiamo approfondito proprio i vari linguaggi, da HTML, CSS e JAVASCRIPT. È stato tutto visto in modo basilare (chiamiamola infarinatura), ma quello che è stato davvero utile non è tanto cosa e come scrivere la struttura di una pagina in HTML o come dare uno stile tramite CSS, quanto aver capito la logica con cui si deve lavorare.
Devo comunque ammettere che mi sono divertito un sacco a provare a creare delle pagine HTML e ad integrarle con gli altri linguaggi, ma soprattutto ho ottenuto grande soddisfazione. Per quanto sia stato realizzato in modo molto semplice, alla fine è qualcosa che hai realizzato tu e quando clicchi sul browser e ti mostra quello che hai creato… è semplicemente stupefacente.
Ma la costruzione, è solo una piccola parte di quanto accade nel web. In realtà quando noi digitiamo un indirizzo nel browser si mettono in moto una serie di dinamiche molto complesse tra varie entità. Per intenderci, come accendere la luce o aprire il rubinetto dell’acqua. Sembra davvero immediato, in realtà dietro c’è tutto un sistema complesso che deve funzionare alla perfezione per poter garantire il servizio.
Non un mondo, ma un universo intero
Il punto che mi è rimasto più impresso è il fatto che l’ICT, non è un mondo, è un intero universo con tante costellazioni, pianeti e stelle, ognuno con la propria specificità e complessità tecnica. Mi sembra impossibile padroneggiare ogni singola cosa … ma altrettanto mi è parso di capire anche per i professionisti: puoi occuparti di poche cose e bene o tante ma molto superficialmente.
La domanda quindi sorge spontanea: come fa un web project manager? Non dovrebbe essere un esperto informatico? Onestamente è lo stesso dubbio che ho avuto inizialmente anche io. Poi ho realizzato che noi siamo fondamentalmente dei coordinatori. Il nostro compito non è programmare o conoscere ogni minimo dettaglio di come funziona un determinato programma, noi dobbiamo essere in grado di comprendere le logiche per le quali un software è meglio di un altro, o perché è meglio scegliere un determinato tipo di impostazione.
Nonostante questa consapevolezza, resto sempre dell’idea che le mie conoscenze in questo ambito siano molto vaghe e che, in previsione dell’esame finale, qualche approfondimento sarà necessario.
La prima volta dal vivo
Altro punto degno di nota di questo modulo è stata la possibilità, finalmente, di incontrare i miei compagni di corso. Al 1 giugno, la prima lezione in presenza. È stato fantastico vedere dal vivo tutti quanti e notare le piccole incongruenze tra aspettativa e realtà (per esempio i miei compagni d’agenzia mi immaginavano più alto di quello che in realtà sono).
Modulo 5 – Business e Online Marketing
Riassumere tutto quanto imparato in questo modulo in un post è praticamente impossibile, perché abbiamo affrontato davvero molti ambiti: dal sito web all’e-mail marketing, i social, la seo, le ads, content marketing funnel e customer journey. D’altronde il modulo è uno di quelli più lunghi, insieme al primo dedicato al Project Management, duranti entrambi ben 2 mesi.
L’ampia gamma di argomenti è strettamente correlata alla difficoltà iniziale di mettere insieme tutti i pezzi e, soprattutto, di riuscire a destreggiarsi tra le varie piattaforme e strumenti, ognuno con le proprie caratteristiche e dinamiche.
Siamo partiti dalla base, ovvero la creazione di una buyer persona e di un customer journey specifico per poi affrontare la ricerca delle keyword pertinenti e le Ads (sia Google che Facebook). Siamo poi passati un po’ più sul tecnico con gli elementi di un sito web e il content marketing. Infine è stato il momento dei social.
Con questo modulo speravo di riuscire a colmare diverse lacune (come per esempio le ads o l’e-mail marketing), ma ben presto mi sono reso conto che nessuno mi spiegherà esattamente come costruire un funnel, creare un’inserzione dalla A alla Z o strutturare un sito web. Questo modulo è, infatti, più simile ad un mercato, dove ho potuto ammirare la merce e parlare un po’ con il venditore, ma poi sta a me scegliere e combinare gli ingredienti, così da realizzare la mia ricetta. Ogni realtà ha la sua specificità e cosa e come userò gli strumenti dipende da due fattori principali: il pubblico e la strategia.
Conosci il tuo pubblico
Una qualsiasi offerta deve rivolgersi a qualcuno e, di riflesso, nessuna attività di marketing può essere svolta senza sapere chi è il tuo pubblico.
Il primo passo è quindi dare al nostro cliente ideale caratteristiche ben precise: dove abita, che lavoro svolge, la sua situazione economica e sociale. Poi è necessario conoscerlo, perché in fondo non è un’identità astratta, ma una persona in carne ed ossa che vive la stessa vita che vivo io: come sono le sue abitudini? Come interagisce con i prodotti e con i brand? Come si informa? Tutte queste domande dovrebbero avere una risposta per poter avere un profilo preciso.
Per il mio caso studio, ho analizzato me stesso le poi ho trasportato queste informazioni sul mio cliente ideale, anche chiamato buyer persona, adattandole al contesto. In seguito ho potuto iniziare a pensare ad una strategia.
Pensa ad una strategia
Incrociando l’offerta con le esigenze del mio target, i suoi comportamenti e abitudini, ecco che sono stato in grado di mettere a punto una strategia che funzioni. Le varie Landing page, newsletter, account social, le ads sui motori di ricerca o i contenuti che ho dovuto creare dovevano essere coerenti e tarati (principalmente) sul mio pubblico.
Ma quali canali e quali strumenti usare?
Dipende.
Esattamente come in ogni professione, anche nel mondo del marketing bisogna scegliere quelli più adatti.
La strategia che userò per un e-commerce è infatti diversa rispetto ad un broker assicurativo, un cinema o una falegnameria o un consulente fiscale.
È, inoltre, opportuno non dimenticarsi le reali possibilità dell’azienda: quante risorse (in termini di personale, tempo e soldi) posso impiegare? Una persona sola potrà concentrarsi su pochi elementi, mentre un team potrà invece lavorare su più fronti con un budget più corposo. Il punto fondamentale è, poco o tanto, che sia eseguito a regola d’arte, in modo coerente.
Il mio compito, in qualità di Web Project Manager, è quindi quello di aiutare l’azienda e i suoi dipendenti a costruire la propria strategia ponderando e bilanciando tutti gli aspetti: esigenze dei clienti, strumenti a disposizione e risorse dell’azienda.
Dal modulo 3 mi è rimasto impresso il Business Model Canvas, perché grazie ad esso è stato possibile avere una visione d’insieme sull’azienda. Riprendendo questo concetto ed il modello, l’ho ri-elaborato adattandolo al Digital Marketing:
Adattamento
Se è vero che non esiste una soluzione universale, è ancora più vero che non esiste una soluzione definitiva. Sia durante le lezioni, ma soprattutto durante la fase pratica, ho compreso l’importanza di essere flessibili: talvolta bisognerà solo aggiustare qualche elemento (un’immagine, un testo, un canale, o il budget) altre volte sarà necessario rivedere completamente l’intera strategia. Il marketing, come tutte le materie umanistiche, non è una scienza esatta ed è fatto di prove ed errori. Ma eventuali decisioni devono essere prese sulla base di dati oggettivi e reali, per questo sono fondamentali, oltre ad una pre-analisi delle risorse, anche di tutti gli strumenti di insight e di raccolta dati.
La parte pratica
La parte, sebbene molto istruttiva, è stato come farsi un giro sulle montagne russe: attesa, paura, soddisfazione… tutto insieme!
Come detto all’inizio, la difficoltà principale è stata quella di destreggiarsi tra le varie piattaforme e strumenti, perché ognuno ha la propria interfaccia, le proprie logiche, formati e impostazioni. Devo ammettere che è comunque stata un’ottima palestra, perché mi ha permesso di toccare con mano cosa significa realizzare una campagna Ads o una newsletter, quali sono le dinamiche, le potenzialità ed i limiti di ogni piattaforma. È chiaro che trattare così tanti argomenti in poco tempo, la profondità ne ha risentito. Ma starà poi a me, in funzione dell’esame e del futuro, approfondire le tematiche sui cui sento di avere delle lacune.
Modulo 6 – Comunicazione Visiva
Spesso quando si parla di comunicazione visiva si pensa al “come appare qualcosa o qualcuno”, ovvero le caratteristiche fisiche o materiali. Questa definizione è molto riduttiva perché in realtà quando si tratta di comunicazione visiva vi sono tre elementi da considerare: la forma (come appare), la funzionalità (a cosa serve) e l’esperienza (come la vivo).
La forma
Il nostro percorso attraverso la comunicazione visiva è iniziato dalla forma, abbiamo analizzato le immagini, la tipografia, i colori, le forme, il tipo e la disposizione.
Ognuno di questi punti deve essere coordinato con gli altri e rispondere a determinati standard, i quali variano a seconda delle convenzioni, (p.es. il testo sottolineato per simboleggiare un link), delle questioni culturali (rosso = stop / verde = vai), ma anche dal contesto (trovarsi una pagina bianca all’inizio di un libro è normale e serve da separazione, mentre una pagina bianca in un sito significa che non funziona).
Oltre a queste consuetudini, è necessario considerare gli elementi più personali, come la brand identity o anche le preferenze personali. Infine, è necessario che tutte le scelte siano coerenti, abbinate e disposte in modo armonico, affinché l’insieme abbia un senso e possa offre un qualsiasi tipo di esperienza all’utente.
L’esperienza
Parlando di esperienza, la stessa può essere riassunta come una persona vive l’interazione con un qualsiasi oggetto. Solitamente un’esperienze viene classificata come positiva o negativa (per alcuni anche neutra).
In realtà e tutto molto più complesso. Una persona parte con un proprio background, il quale la porterà a crearsi delle aspettative, le quali influenzeranno l’esperienza. Aggiungiamo il fatto che la vita in generale non è mai un percorso lineare ma può presentare degli imprevisti o delle agevolazioni, ed ecco che il tutto si trasforma in un saliscendi di emozioni.
È quindi impossibile controllare l’esperienza, ma si può riuscire a mitigare il più possibile gli imprevisti che si possono trovare lungo il percorso e migliorare i punti positivi (sono questi che permettono di superare le aspettative e compensare eventuali intoppi).
Per fare ciò è necessario affidarsi al proprio pubblico studiando il loro percorso in qualità di utente (simile al customer journey visto nel modulo 5): cosa voglio che faccia? Come lo farà? Quali ostacoli dovrà affrontare? Come le affronterà? L’obiettivo qui è quello di riuscire ad anticipare diversi scenari così da poter già fornire una possibile soluzione.
La funzionalità
Dopo che ho studiato una bella forma, cercato di mitigare il più possibile gli ostacoli e aggiunto qualche benefit inaspettat, devo dare agli utenti uno scopo per visitare il mio sito. E qui entra in gioco la funzionalità: a cosa serve? Un sito di e-commerce per acquistare qualcosa, un blog per informarsi, un app per scrivere,ecc.
Preso lo scopo è poi necessario capire quali sono gli step per arrivare all’obiettivo, per esempio per un e-commerce è scegli il prodotto -> metti nel carrello -> inserisci i dati -> paga.
Spesso quando si parla di comunicazione visiva si pensa al “come appare qualcosa o qualcuno”, ovvero le caratteristiche fisiche o materiali. Questa definizione è molto riduttiva perché in realtà quando si tratta di comunicazione visiva vi sono tre elementi da considerare: la forma (come appare), la funzionalità (a cosa serve) e l’esperienza (come la vivo).
La forma
Il nostro percorso attraverso la comunicazione visiva è iniziato dalla forma, abbiamo analizzato le immagini, la tipografia, i colori, le forme, il tipo e la disposizione.
Ognuno di questi punti deve essere coordinato con gli altri e rispondere a determinati standard, i quali variano a seconda delle convenzioni, (p.es. il testo sottolineato per simboleggiare un link), delle questioni culturali (rosso = stop / verde = vai), ma anche dal contesto (trovarsi una pagina bianca all’inizio di un libro è normale e serve da separazione, mentre una pagina bianca in un sito significa che non funziona).
Oltre a queste consuetudini, è necessario considerare gli elementi più personali, come la brand identity o anche le preferenze personali. Infine, è necessario che tutte le scelte siano coerenti, abbinate e disposte in modo armonico, affinché l’insieme abbia un senso e possa offre un qualsiasi tipo di esperienza all’utente.
L’esperienza
Parlando di esperienza, la stessa può essere riassunta come una persona vive l’interazione con un qualsiasi oggetto. Solitamente un’esperienze viene classificata come positiva o negativa (per alcuni anche neutra).
In realtà e tutto molto più complesso. Una persona parte con un proprio background, il quale la porterà a crearsi delle aspettative, le quali influenzeranno l’esperienza. Aggiungiamo il fatto che la vita in generale non è mai un percorso lineare ma può presentare degli imprevisti o delle agevolazioni, ed ecco che il tutto si trasforma in un saliscendi di emozioni.
È quindi impossibile controllare l’esperienza, ma si può riuscire a mitigare il più possibile gli imprevisti che si possono trovare lungo il percorso e migliorare i punti positivi (sono questi che permettono di superare le aspettative e compensare eventuali intoppi).
Per fare ciò è necessario affidarsi al proprio pubblico studiando il loro percorso in qualità di utente (simile al customer journey visto nel modulo 5): cosa voglio che faccia? Come lo farà? Quali ostacoli dovrà affrontare? Come le affronterà? L’obiettivo qui è quello di riuscire ad anticipare diversi scenari così da poter già fornire una possibile soluzione.
La funzionalità
Dopo che ho studiato una bella forma, cercato di mitigare il più possibile gli ostacoli e aggiunto qualche benefit inaspettat, devo dare agli utenti uno scopo per visitare il mio sito. E qui entra in gioco la funzionalità: a cosa serve? Un sito di e-commerce per acquistare qualcosa, un blog per informarsi, un app per scrivere,ecc.
Preso lo scopo è poi necessario capire quali sono gli step per arrivare all’obiettivo, per esempio per un e-commerce è scegli il prodotto -> metti nel carrello -> inserisci i dati -> paga. Ma tutto questo non può avvenire senza una coerente architettura delle informazioni, ovvero dare una struttura ed un senso logico a tutti i contenuti presenti nel sistema (sia esso sito o app) affinché l’utente possa agevolmente interagire con esso.
Modulo 7 – Etica, Diritto e WPM
Questo modulo è sostanzialmente servito per rispondere a questa domanda: come posso implementare un progetto digitale che fornisca un valore al cliente e, allo stesso tempo, che sia conforme alla legge vigente?
Se in Svizzera la legge è ancora piuttosto permissiva (ma per poco), al di fuori dei nostri confini le regole sono più definite: pensiamo alla GDPR con le varie Privacy Policy, Cookie Policy, Term of Service.
Riassumendo molto semplicemente, la GDPR è una legge che disciplina come devono essere trattati i dati e i diritti che detengono gli utenti.
I punti cardini di questa legge sono tre:
- La Privacy Policy, che definisce chi è il proprietario, quali dati vengono raccolti e i diritti degli utenti;
- La cookie policy, serve ad informare gli utenti sull’attività della raccolta dati;
- I Term of Service, ovvero le condizioni d’uso, le quali sono necessarie per tutelare il business dell’azienda/organizzazione.
Senza voler scendere nei dettali, il nodo centrale della GDPR e dei punti sopra esposti si può riassumere in una parola: consenso. È infatti permesso l’uso dei dati, ma l’utente deve essere informato ed esprimere un consenso chiaro e libero.
In ultimo, abbiamo affrontato le tematiche relative al copyright, che insieme ai termini e condizioni, riguardano la tutela dell’azienda sia come autore di contenuti propri, sia di divulgatore di contenuti. In particolare, è necessario valutare attentamente come usare i contenuti già disponibili, ma anche come rendere disponibili i propri.
Siamo quasi alla fine…
Ed eccomi qui, alla fine del mio percorso teorico.
7 moduli e 12 mesi dopo, sono ad un passo dal diventare un Web Project Manager diplomato.
Non è stato un percorso facile, sia dal punto di vista dell’impegno temporale (due sere a settimana per 12 mesi + le verifiche) sia per quanto riguarda gli argomenti trattati nei singoli moduli, tutti molto diversi tra di loro.
Una delle maggiori difficoltà è stata infatti quella di non riuscire ad avere visione d’insieme. Nonostante le rassicurazioni da parte dei docenti, man mano che il programma procedeva mi sono ritrovato più volte a chiedermi “Ma dove stiamo andando?”
Ma, come nei migliori racconti, anche qui c’è il lieto fine.
Giunto alla fine di tutti i sette moduli sono finalmente riuscito a capire non solo dove siamo arrivati, ma il come ed il perché. E, forse, tra tutte le cose che ho imparato in quest’anno, queste sono quelle che più mi serviranno non solo nel mio lavoro di tesi, ma nei futuri progetti che sarò chiamato a coordinare in qualità di Web Project Manager.
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